Siti: Serrabottini - Cavone

Il colle di Serrabottini, localizzato circa 4 Km in direzione Sud rispetto a Massa Marittima, rappresenta una delle aree archeominerarie meglio conservate data la presenza di numerosi pozzi di estrazione e di vaste porzioni di territorio ricoperte da materiale di discarica, presumibilmente riferibile ad epoca medievale (Aranguren et alii, 2007).
Le lavorazioni svolte nell’area erano incentrate soprattutto sul trattamento dei solfuri misti e finalizzate, dall’antichità fino a tutto il XIX secolo, alla prevalente produzione di Rame.
Le principali mineralizzazioni a solfuri misti sono impostate lungo la faglia di Serrabottini (filone di Serrabottini) ed una sua vicariante (filone dell’Agnese). Questi filoni hanno una potenza media attorno ai 5 metri ed una estensione totale di circa 1.000 metri. Le principali mineralizzazioni presentano blenda, galena e calcopirite in ganga carbonatica e quarzosa.
La faglia di Serrabottini separa un tetto di flysh da un letto di filladi, mentre quella dell’Agnese presenta un passaggio di litologia solo nella parte sud, con filladi a letto e flysh al tetto. Nella porzione nord della faglia dell’Agnese non è presente variazione di litologia fra tetto e letto.
L’area oggetto di indagini chimico fisiche è caratterizzata dall’alternarsi di due tipi principali di vegetazione: zone boschive con sottobosco fitto ed alberi ad alto fusto, tipici dell’entroterra mediterraneo (lecci, querce), e vaste distese ricoperte da materiale grossolano, di colore variabile, a predominanza rossastra, praticamente prive di vegetazione.
Le zone di investigazione risultano, nel complesso, facilmente accessibili.
Non sempre è facile individuare le localizzazioni dei pozzi minerari, che si suddividono fra quelli messi in sicurezza e quelli individuati (e censiti), ma privi della struttura di messa in sicurezza; inutile precisare che quelli non ancora individuati sono certamente in numero ancora elevato. Mentre quelli messi in sicurezza sono facilmente visibili per la struttura di copertura che li caratterizza, solo ad un attento esame della morfologia del terreno si riescono a localizzare i secondi, che appaiono come avvallamenti del terreno, coperti da foglie, la cui sommità superiore spesso raggiunge metà del tronco di piante che affondano le radici al loro interno.
Le vaste discariche sono, invece, facilmente individuabili: il materiale, a granulometria variabile, è di colore rossastro e costituito da scorie di lavorazione caratterizzate dalle venature verdi del rame e da inserzioni dorate di pirite. Anche la vegetazione, praticamente assente, è costituita quasi per intero da pini, specie in grado di sopravvivere nelle condizioni di povertà di nutrienti imposte dalle caratteristiche delle discariche.
Per le sue caratteristiche l’area di Serrabottini è stata individuata anche nel recente passato come la più idonea per intraprendere indagini specifiche di carattere archeominerario, volte a raccogliere informazioni utili alla ricostruzione dell’organizzazione del lavoro in un campo minerario di epoca pre-industriale (Aranguren et alii, 2007).
A tal fine sono state realizzate prospezioni in superficie ed in sotterraneo, alle quali sono stati affiancati saggi di scavo effettuati sulle discariche relative ai pozzi indagati.
La metodologia applicata ha consentito una raccolta articolata di dati che costituisce al momento un unicum nel territorio in esame, e potrà essere adottata per studiare contesti analoghi; l’applicazione di analisi mirate ai campioni di minerali prelevati dalle discariche nell'ambito del presente studio di fattibilità costituisce un importante sviluppo della ricerca, perché consente di apportare ulteriori informazioni relativamente ad alcune fasi del ciclo produttivo.
I sopralluoghi in sotterraneo hanno evidenziato la presenza di coltivazioni relativamente semplici, costituite da pozzi verticali in taluni casi realizzati a distanza ravvicinata gli uni dagli altri, la cui profondità attualmente si attesta fra gli 11 ed i 20 m. Solo in un caso, relativo ad uno dei pozzi sommitali, la profondità tocca m 36. In un solo caso il sopralluogo ha evidenziato traccia di una possibile galleria, oggi tamponata. La presenza delle imponenti discariche di Serrabottini potrebbe quindi essere imputabile ad una tipologia di lavoro in sotterraneo, determinata evidentemente sia dalle caratteristiche del giacimento che dalla qualità della roccia incassante, che rendeva necessario il trasporto all’esterno di tutto o della maggior parte del materiale estratto.

 
 
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Serrabottini. Vista di una delle discariche oggetto di determinazione XRF in situ Serrabottini. Vista di una delle discariche oggetto di determinazione XRF in situ

Un contesto tecnologico e produttivo assai diverso interessa invece, almeno dalla prima Età Moderna (s.m. XV sec) la vicina area del Cavone, sottoposta anch'essa ad una serie di analisi.
In questo ricco comprensorio minerario l’interesse economico si è da sempre indirizzato, come detto, alla coltivazione dei solfuri misti (Cu, Ag, Pb, Fe); in queste mineralizzazioni, la cui origine è idrotermale, si registra tuttavia anche la compresenza di più minerali all’interno dello stesso giacimento, e fra questi sono ben rappresentati anche l’alunite e l’allume nativo. La località del Cavone riveste un interesse storico ed archeologico particolare all'interno del ciclo produttivo dell'allume da alunite.
I depositi alluminiferi della Toscana meridionale si concentrano al confine fra l’area grossetana, volterrana e livornese; qui l’alunite si rinviene in significative concentrazioni entro le rocce sedimentarie (scisti argillosi o argille ricche in alluminio e potassio), con l’unica significativa eccezione del giacimento di Montioni, dove l’alunite pura deriva dall’ossidazione delle originarie vene solfatiche in ganga silicea (quarzi) (Thirion-Mérle, Cantin 2009). In molti casi l’alunite è stata rinvenuta in associazione con depositi di caolino, in zone ove sono presenti sorgenti termali con temperature attorno ai 40-50° (Lombardi 1977). In anni recenti vi è stato un tentativo di rivalutazione di tali depositi nell’ottica di un loro possibile sfruttamento industriale per la produzione di alluminio (Somit 1973).
Alle stesse zone di concentrazione sono riconducibili sia le maggiori evidenze documentarie relative alla grande ripresa di interesse per l’allume toscano della seconda metà del ‘400 (Boisseuil 2005, pp. 106-107), sia, seppur con minore precisione topografica, i rari accenni documentari anteriori.
Puntuale è la descrizione delle allumiere del Cavone riportata alla metà del 700 dal Pecci, nelle sue “Memorie storico-critiche della città di Siena”
“Per un cammino coperto a volta, scavato nella rupe, diritto e lungo circa 220 piedi, entrammo in un recinto aperto all’aria di circa 53 piedi di diametro, con pareti altissime, e tagliate a picco. Da questo quasi pozzo vastissimo si estraeva la materia dell’allume a cava aperta. Le sue pareti  perpendicolari sono miste di terra sciolta e di pietre bianche, gialle, rosse. Queste pietre calcinate in fornello per sei ore al più, poi ammucchiate all’aria aperta in uno spiazzo piano, di tempo in tempo annaffiate d’acqua e tenute così per circa quattro settimane, si risolvo, e disfano, e per elissivazione, colatura, ed evaporazione, danno l’allume, che l’addizione di alcali fisso rende capace di squisita cristallizzazione. …” (cc. 180-181)

 

Analisi chimiche e trattazione statistica
Le determinazioni analitiche di fluorescenza a raggi X (XRF) sono state eseguite tutte nella modalità strumentale “Mining Plus” e le concentrazioni (% p/p) del set di analisi determinate su campo sono state convertite in unità di concentrazione ppm.
La discussione dei risultati e le relative elaborazioni sono state effettuate su una popolazione costituita da 64 misure, che sono quelle globalmente rimanenti in seguito alla preliminare analisi statistica descrittiva eseguita per l’eliminazione degli eventuali dati anomali.
Di seguito la tabella riassuntiva con il numero di riferimento e la relativa localizzazione delle determinazioni analitiche in situ.
Le determinazioni analitiche mostrano come i tenori di Rame e Zinco siano molto elevati soprattutto nelle porzioni di materiale di discarica; le concentrazioni dei due metalli risultano infatti dell’ordine delle migliaia di ppm ed arrivano a toccare punte massime intorno ai 20.000 ppm in corrispondenza di campionamenti effettuati su materiale visibilmente assimilabile a materiale di discarica.
Il metalloide Arsenico risulta, nella maggior parte dei casi, inferiore al valor medio (2 ppm) dell’ intervallo (1-3 ppm) caratteristico del limite inferiore di rilevabilità strumentale. In alcuni punti, tuttavia, raggiunge tenori piuttosto elevati superando i 1000 ppm di concentrazione. Tale fenomeno è stato riscontrato in corrispondenza dei seguenti punti di campionamento: 7, 8, 9, 20, 21, 22.
I primi tre punti di campionamento (per la localizzazione precisa si veda la tabella 5) corrispondono a materiale di pezzatura variabile ma prevalentemente grossolana e di colore predominante rosso, che costituisce (probabilmente) la discarica del pozzo ovale presente a monte. Qui le concentrazioni di As risultano rispettivamente pari a: 1660 ppm, 3928 ppm, 2043 ppm.
Parallelamente, risultano elevate anche le concentrazioni degli elementi Zn, Cu e Pb e le concentrazioni di Zolfo che, tuttavia, sono inferiori rispetto al tenore medio (15341 ppm) globalmente determinato in tutta l’area sottoposta a campionamento.
Un comportamento analogo è seguito, nel complesso, dai medesimi elementi chimici (Zn, Cu, Pb ed S) nei punti di campionamento (20, 21, 22) caratterizzati da concentrazioni di As > 1000 ppm: qui si riscontrano tenori piuttosto elevati di Cu, Zn e Pb e, diversamente, valori di concentrazione di S complessivamente più bassi della media.
Tutti i punti di campionamento contraddistinti da questo comportamento corrispondono a materiale assimilabile a discarica: i punti 7, 8, 9 corrispondono a misure effettuate sulla discarica del pozzo ovale mentre i secondi sono stati effettuati sulla sommità della discarica della sughera.
La risorsa minerale estratta era in effetti sottoposta a lavorazioni per le quali, in relazione alle tecnologie ai tempi utilizzate, è difficile ipotizzare una efficienza di estrazione del metallo del  100% ; risulta quindi ragionevole trovare concentrazioni sensibili dei metalli Pb, Cu, Zn (che erano quelli tipicamente trattati nelle lavorazioni svolte nella zona di Serrabottini) e, parallelamente, tenori di S inferiori rispetto ad altri punti di campionamento.
Lo Zolfo, infatti, in seguito ai processi di trattamento termico della risorsa minerale, veniva perso principalmente sottoforma di biossido o triossido di Zolfo: l’elemento, di conseguenza, risulta essere presente in concentrazione inferiore rispetto a quella del materiale non trattato.
La Clustering Analysis è stata dapprima effettuata su quasi tutti gli elementi chimici per i quali le concentrazioni analitiche determinate siano risultate per la maggior parte superiori rispetto al valor medio dell’intervallo di limite inferiore di rilevabilità strumentale. In particolare, la prima suddivisione delle unità statistiche in gruppi è stata eseguita fornendo in input al software le concentrazioni degli elementi Alluminio, Silicio, Zolfo, Titanio, Vanadio, Manganese, Ferro, Cobalto, Rame, Zinco, Zirconio, Stagno, Antimonio, Piombo, Cadmio, Arsenico e Potassio.
Dato l’elevato numero di campioni sottoposti ad analisi statistica, si è scelto di facilitare la visualizzazione dei cluster contrassegnando i campioni di ipotetico “bianco” (punti di campionamento caratterizzati dalla sola presenza di elementi caratteristici del fondo naturale) con un # e, diversamente, con un ° i punti di campionamento sul materiale assimilabile a discarica. In figura 44, si riportano alcuni fra i cluster ritenuti maggiormente significativi e di più facile comprensione.

a b
A
B
c d
C
D
Cluster Plots ottenuti mediante K-Means Clustering Analysis sugli elementi Al, Si, S, Ti, V, Mn, Fe, Co, Cu, Zn, Zr, Sn, Sb, Pb, Cd, As, K: a) Al-Si; b) Ti- Zr; c) Ti-K; d) Sn- Sb.

I diagrammi binari riportati in figura 44 sono relativi agli elementi chimici caratteristici della composizione del fondo naturale: la maggior parte di essi, infatti, si trova fra i minerali principali e/o accessori delle formazioni costituenti la litologia in posto.
In tutti i grafici si osserva una buona correlazione fra le concentrazioni (ppm) degli elementi riportati in ascissa e quelli in ordinata. Tale andamento viene mantenuto in tutti i punti di campionamento: sia quelli effettuati sul materiale dall’aspetto assimilabile a terreno in posto, sia quelli eseguiti direttamente nelle discariche.
Tale comportamento risulta ovvio se si considera che nel materiale di discarica gli elementi traccianti (Pb, Zn, Cu, As) sono “diluiti” nella matrice suolo caratterizzato dalla composizione media del terreno in posto.
Di seguito (figura 45) si riportano i diagrammi binari di correlazione ottenuti fornendo in input al programma le concentrazioni analitiche (ppm) degli elementi chimici immobili (Zirconio e Titanio) e dei traccianti per l’individuazione delle discariche minerarie (Cu, Zn, Pb, As).

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A
B
c d
C D
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E
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g h
G
H
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I
L

Cluster Plots ottenuti mediante K-Means Clustering Analysis sugli elementi Ti, Zr, Cu, Zn, Pb, As. a) Zr- As; b) Ti- As; c) Zr; Pb; d) Ti-Pb; e) Zr-Cu; f) Ti-Cu; g) Zn-Zr; h) Ti-Zn; i) Zr-Fe; l) Ti-Fe

I diagrammi binari riportati evidenziano come, nel complesso, il trend seguito dai campioni di discarica e quello seguito dai punti di ipotetico “bianco” (cioè caratterizzati dalla composizione media del fondo naturale) sia globalmente diverso.
Mentre i campioni con composizione media attribuibile a quella del fondo naturale (contrassegnati da #) sono caratterizzati da concentrazioni piuttosto basse e costanti degli elementi traccianti delle discariche minerarie (As, Pb, Fe, Cu, Zn), i punti di campionamento eseguiti sul materiale facilmente attribuibile a discarica (contrassegnati da °) seguono un andamento opposto.
In particolare le concentrazioni degli elementi traccianti seguono un trend globalmente crescente rispetto (ed in proporzione) ai tenori degli elementi chimici immobili (Titanio e Zirconio).
Questo comportamento è complessivamente in linea con quanto si potrebbe ipotizzare circa il ciclo produttivo di estrazione e lavorazione del materiale.
L’efficienza dei trattamenti eseguiti sulla risorsa minerale estratta, date le tecnologie di lavorazione adottate all’epoca, difficilmente raggiungeva il 100 %. Il materiale di discarica, dunque, risulta arricchito di quei metalli che, naturalmente presenti nei filoni mineralizzati sfruttati, rimanevano come residui successivamente ai trattamenti effettuati. La composizione chimica dei residui di trattamento, come ovvio, risulta diversa rispetto a quella caratterizzante la litologia in posto.

Discussione dei risultati delle indagini chimico fisiche di laboratorio.
In conformità a quanto suggerito dai protocolli operativi EPA 6200 sono stati prelevati campioni di terreno ad intervalli regolari da sottoporre, quindi, ad indagini chimico fisiche di fluorescenza a raggi X presso i laboratori del Dipartimento Farmaco Chimico Tecnologico dell’Università degli Studi di Siena.
I campioni prelevati sono stati preventivamente essiccati e quindi sottoposti a setacciatura con  setaccio a maglia 200 mesh ( 75 µm).

A b
A
B
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Cluster Plots ottenuti mediante K-Means Clustering Analysis sugli elementi Al, Si, S, Ti, V, Mn, Fe, Co, Cu, Zn, Zr, Sn, Sb, Pb, Cd, As, K: a) Al-Si; b) Al- Zr; c) Ti-K; d) Sn- Sb; e) Zr-K

Sui campioni setacciati, previa preparazione su opportuno supporto, è stata eseguita la caratterizzazione chimico fisica di fluorescenza a raggi X (XRF) nella modalità operativa Mining Plus, la stessa utilizzata durante le analisi in situ.
Su ogni campione sono state effettuate n° 2 determinazioni e, a partire dalle concentrazioni ottenute per ogni analita, è stato calcolato il valore medio; questo è stato poi sottoposto alla successiva analisi statistica.
Le indagini chimico fisiche eseguite in laboratorio hanno come fine quello di verificare l’affidabilità strumentale.
Il valore di concentrazione ottenuto operando come da metodica EPA 6200 è molto accurato: l’analisi, infatti, viene eseguita su un campione medio (maggiormente significativo per l’area in esame). La preventiva essiccatura del campione, inoltre, permette di eliminare l’effetto di diluizione eventualmente imputabile all’eccessivo grado di umidità del terreno.
Le serie di concentrazioni degli elementi chimici sono state preventivamente sottoposte ad individuazione degli outliers, che sono stati eliminati prima di effettuare l’analisi di suddivisione in gruppi mediante il metodo K-Means. Nel complesso, la popolazione di unità statistiche sottoposte ad analisi clustering, è costituita da 18 determinazioni analitiche.
Di seguito si riportano i diagrammi binari ottenuti a partire dalle concentrazioni degli elementi chimici caratteristici delle formazioni in posto.
Dai diagrammi binari riportati in figura 46 si osserva l’elevato grado di correlazione fra le concentrazioni (ppm) degli elementi chimici riportati in ascissa e le concentrazioni (ppm) di quelli in ordinata. L’andamento è analogo a quello riscontrato in seguito ad analisi statistica delle determinazioni in situ, come appare evidente confrontando le figure Fig 46 e Fig 44.
Dal momento che il diagramma binario Fig 46-c) relativo alla correlazione fra Titanio (ppm) e Potassio (ppm) risulta di difficile interpretazione circa la linearità della correlazione, si è scelto di riportare anche il grafico Fig 46-e) di correlazione fra l’elemento immobile Zirconio ed il Potassio: qui appare invece evidente il buon grado di correlazione.
Il successivo step di analisi clustering è stato effettuato al fine di verificare le correlazioni fra gli elementi immobili Titanio e Zirconio ed i traccianti Zinco, Arsenico, Rame, Piombo, Ferro.

A B
A
B
D E
C
D
E F
E
F
G H
G
H
I L
I
L
Cluster Plots ottenuti mediante K-Means Clustering Analysis sugli elementi Ti, Zr, Cu, Z, Pb, As.     a) Ti-Cu; b) Ti-Zn; c) Ti-As; d)Fe-Zr; e) Cu-Zr; f) Zn-Zr; g) Zr-As; h) Zr-Pb; i) Ti-Pb; l) Fe-Ti

Anche in questo caso i campioni etichettati con il simbolo # sono i campioni corrispondenti a campionamenti effettuati nei punti di ipotetico bianco mentre quelli etichettati con ° sono quelli prelevati sul materiale di discarica.
Nel complesso i diagrammi binari riportati in figura 47 rivelano come i punti di campionamento sul materiale probabilmente assimilabile alla litologia in posto siano caratterizzati da una composizione chimica media con elevati tenori degli elementi chimici immobili (Titanio e Zirconio) e viceversa, valori di concentrazione proporzionalmente bassi dei metalli (Zn, Pb, Cu, Fe) e metalloidi (As) traccianti per il materiale di discarica.
Il trend seguito dai campioni prelevati sulle discariche è rovesciato: si notano infatti concentrazioni praticamente costanti degli elementi traccianti per la litologia in posto (Ti e Zr) e concentrazioni in proporzione crescenti di Pb, Cu, Zn, As, Fe.
Questo tipo di comportamento è analogo a quello riscontrato in seguito a trattazione statistica dei dati analitici ottenuti mediante determinazioni in situ. Per un’evidenza diretta si suggerisce il confronto fra i diagrammi binari in fig 47 e quelli in fig 45.